Ducati Supermono, mito intoccabile!
in questi giorni sta passando la notizia che l’ex designer Francese Pierre Terlblanche, il quale ha lavorato per Ducati dai primi anni 90 fino a metà anni 2000 abbia disegnato una concept che dovrebbe rappresentare la base per una nuova ipotetica Ducati Supermono (il tutto da prendere con le molle) . In passato è stato criticato a non finire da molti Ducatisti per alcune sue eccentriche creazioni ma che comunque è stato anche il padre della azzeccatissima Hypermotard portando in casa Ducati anche la voglia di osare che ha poi portato alla creazione di moto che hanno lanciato dei veri e propri settori del motociclismo.
Ho avuto un tuffo al cuore appena ho letto la notizia – No – certe cose sono irripetibili – mi dispiace caro Pierre, grazie mille per aver dato la linea ad una delle moto più uniche di sempre ma anche volendo non puoi riuscirci. È Irripetibile.La storia ci ha da sempre insegnato che il più delle volte di alcune moto così rappresentative dopo una serie di remake non resta altro che il nome commerciale….povere Supersport e Monster. Che è rimasto di quelle moto??
Un po’ su di lei……
la Ducati Supermono vide la luce nel 1993 per partecipare al campionato SoS (Sound of Singles) , molto in voga in quegli anni, una competizione che dava libera espressione alla fantasia degli ingegneri delle case costruttrici, con l’unico vincolo di avere un solo cilindro che poteva variare da 500 a 700cc. Morale della favola, la Ducati con la Supermono vinse subito al suo debutto e con una cilindrata di appena 550cc, portata successivamente a 570 per incrementare la potenza del propulsore.
Questa moto rispecchiava alla perfezione la filosofia delle ultime Ducati dell’ epoca. Quell’aria da concept (che poi lo era) gliela donava il vestito che gli fu fatto su misura, in realtà sotto c’era il più classico dei telai Ducati a traliccio in tubi di acciaio al cromo molibdeno unito ad un satinato forcellone in alluminio con capriata di rinforzo che ricordava molto la serie delle coeve Supersport dei primi anni 90 e un motore quattro valvole a comando desmodromico ed iniezione Weber, che Di fatto, non era altro che il bicilindrico desmoquattro della 888/916 al quale era stato tolto un cilindro. –Quale??– Contrariamente a quello che la logica ci suggerirebbe ovvero che per una questione di ingombri la scelta migliore sarebbe stata quella di “tagliare” il cilindro orizzontale, fu eliminato quello verticale. Se da una parte tenere quello verticale avrebbe fatto mantenere un interasse più corto, dall’altra il peso del cilindro Orizzontale avrebbe caricato maggiormente l’avantreno permettendo un ottimo bilanciamento della moto pari al 54% sul davanti. E così fu tolto quello verticale. Altro vantaggio di questa scelta sta nel fatto che anche se il motore era raffreddato a liquido, il cilindro orizzontale rispetto a quello verticale è anche più esposto al vento, quindi, maggiormente raffreddato, specialmente sulla testata. Apro parentesi ( non è un caso se nei motori raffreddati ad aria ad alte prestazioni il cilindro verticale era il più sottoposto a grippaggio).
Un altra particolarità di questo motore fu che per evitare che vibrasse come un frullatore, venne escogitato un sistema molto semplice di leveraggi che simulava alla perfezione la presenza del cilindro mancante senza dover ricorrere a pesanti e complicati meccanismi con contralbero. La semplicità spesso è la soluzione migliore infatti la biella del cilindro verticale è stata lasciata e collegata ad una “manovella” (chiamata batacchio dagli addetti ai lavori) infuocata al basamento del motore. Questo manovellismo permetteva la simulazione del cilindro mancante e un ottimo bilanciamento delle masse permettendo al monocilindrico un regime massimo di rotazione da record. Ben 10000g/Min e nella versione da 572cc arrivava a sviluppare la straordinaria potenza di 80cv, ovvero, circa 150cv/litro che all’epoca era una potenza praticamente da Superbike. Complice un peso di soli 115kg la Ducati Supermono era una vera bomba da corsa.
Purtroppo della Ducati Supermono non ne furono costruiti modelli che potessero girare per strada e quei soli 67 esemplari che sono stati venduti sono tutti ad uso Pista esclusivo. Oggi la sua rarità è tale al punto che il suo valore ha raggiunto cifre da capogiro.
E’ proprio per questa sua unicità che credo che la commercializzazione di un modello che ne possa ricordare anche solo il nome sia veramente una pessima idea. La Ducati Supermono è unica e se proprio dovete riutilizzare il suo splendido monocilindrico su una gamma di modelli sotto i 600cc da mettere in commercio. Chiamatela in un altro modo. O quanto meno non cercate di farla rinascere vendendone solo il ricordo! E voi lettori….Mentre meditate sognando una bellissima Ducati Supermono, sentite come suonava questo monocilindrico.
Io ricordo che il campionato si chiamava sound of thunder, ma potrei sbagliarmi. Di sicuro ricordo bene le Ducati (e le Cagiva motorizzate Husky…) girare in pista nel 1994, che tempi e che suono.